Arriviamo alla nave senza grosse difficoltà; Bob ha già fatto qualche riparazione e, con il materiale preso al rifugio, finiamo di sistemare lo scafo esterno.
La notte passa tranquilla.
Il morale è così buono che con una pseudo-cerimonia diamo un nome alla nostra nave: Rust Storm, tempesta di ruggine. Efficace e gradevole al tempo stesso, poi decidiamo di cercare il guscio con i sensori della nave e cominciamo a sorvolare la foresta; purtoppo la particolare struttura vegetale di questa uni- foresta disturba molto i nostri sensori e non riusciamo a localizzarla con precisione. Bisogna calarsi.
Con la nave a poca distanza dalla cima degli alberi Keki, Zahir e Nik si calano, non senza disinvoltura e, per fortuna, il rumore della nave deve aver spaventato quelle bestie perché loro si accorgono ben presto di trovarsi in mezzo ad una specie di villaggio di queste creature, rozzi ripari realizzati tra i tronchi della foresta.
Per tener lontane le bestie salgo in torretta e sparo qualche colpo verso l'orizzonte, registro il rumore degli spari e lo ritrasmetto in loop, a tutto volume, all'esterno della nave. Forse infastidirò un pò i miei amici ma dovrebbe tener lontano ogni altra creatura.
Ci vogliono quasi due ore per trovare il guscio, smontare i motivatori e ritornare su ma stavolta tutto si svolge senza incidenti. Una volta a bordo Keki prende i motivatori ed inizia a trafficare sull'iperguida, ignorando completamente Bob che, nel frattempo aveva ricostruito non so bene che circuito.
Dove andare una volta pronti? Zahir è stata cristallina: bisogna concludere la missione affidatale da Jonash. Come ? non lo sa neanche lei, almeno così dice; si affida alla forza....mah...
Ricapitolando: mi stavo godendo i frutti delle mie doti di slicer su una stazione che, all'improvviso è stata attaccata da un incrociatore droide. La guerra dei cloni è arrivata fino a me. Cerco di scapparmene in un posto tranquillo per ricominciare e mi ritrovo in una storia pazzesca di mappe scomparse, di jedi nascosti, di imperi non meglio definiti e varie altre stramberie. Ho però incontrato delle persone particolari, speciali...non voglio né tradirle né abbandonarle però....devo capire bene i termini di questa missione; sono un giovane promettente ma senza nessuna intenzione di fare l'eroe; anzi ho già fatto una grossa sciocchezza ad inseguire il gundark; devo stare attento alla pelle, innanzitutto.
Un grido di Keki mi distoglie dai miei pensieri. Ho finito. Funziona.
In breve siamo tutti e quattro in cabina per decidere dove andare; la proposta mia e di Keki è di raggiungere un pianeta civilizzato con astro-cantieri dove rimettere a nuovo la nave per proseguire la missione, ma Zahir sa parlare al nostro cuore e risveglia in noi un senso di necessità e di urgenza che soffoca le nostre ragioni come d'incanto.
Si va verso la seconda destinazione indicataci da Jonash: il sistema Reikeeth.

Nei 6 giorni di viaggio iperspaziale rifletto molto sulla missione di Jonash: far sì che alcune coordinate astrali restino segrete; che qualcosa di scomparso dalle mappe degli archivi Jedi non possa essere ritrovato. Solo Jonash e altri 3 Jedi erano a conoscenza del segreto e Jonash, prima di morire, ci ha "chiesto" di trovare questi 3 Jedi e fare in modo che il segreto non venga rivelato.
Quando ho sentito tutta questa storia per la prima volta ho reagito dicendo che io non sono né un assassino né un folle e che non ho nessuna intenzione di dare la caccia a dei Jedi. Poi Zahir mi ha convinto che nemmeno lei vuole uccidere nessuno; che la forza ci guiderà per vie che a noi sembreranno misteriose; che siamo importanti per questo compito.
E in effetti il primo Jedi era già belle che stecchito di suo, portando con se ogni segreto lui conoscesse.
Usciamo dall'iperspazio per scoprire che, ancora una volta, le informazioni che avevamo sul sistema erano di molto sbagliate. Al centro del sistema una stella binaria che emette fortissime radiazioni rendendo sicuramente inospitali i numerosi pianeti, lune e asteroidi che affollano il sistema.
I sensori non rilevano nulla di insolito, nessuna traccia di civiltà; ma il sistema è grande e perciò cominciamo ad esplorarlo, cercando una traccia, una sola piccola traccia che ci porti al Jedi che cerchiamo.
Anche perché Keki ci ha appena informato che i "pensieri" di Jonash non sono finiti: pare che non riusciremo a riattivare l'iperguida senza qualcosa che, ci scommetto, non può che essere la spada laser del Jedi, come nel pianeta precedente. Evidentemente la sostituizione dei motivatori non è stata sufficiente a liberarci del suo sgradevole influsso.
Il sistema è grande e pieno di corpi celesti; la ricerca potrebbe essere lunga.
Sto quasi per mettermi a dormire una seconda volta quando Zahir riceve una comunicazione: è un segnale in chiaro, linguaggio standard delle comunicazioni militari della repubblica; sta trasmettendo alcune coordinate che coincidono con un punto della superficie di un piccolo planetoide con un orbita pericolosamente vicina alla stella binaria.
Incuriosito lascio la guida a Keki e vado alle comunicazioni e, dopo aver smanettato per un pò, riesco ad individuare anche una trasmissione, nascosta su frequenze multiple e variabili così da sembrare solo disturbi, sicuramente criptata. Mi ci metto sotto ma capisco che ci vorrebbero ore e ore, così mi concentro ad individuarne la sorgente: un droide sonda, seminascosto da asteroidi e che ha sicuramente segnalato la nostra presenza.
Non so se essere sollevato per la presenza di tecnologia funzionante o preoccupato per esserci fatti scoprire così facilmente.
Ci avviciniamo al punto segnalatoci, sfruttando la copertura di altri corpi celesti per limitare l'esposizione alle radiazioni della stella e ci accorgiamo che le coordinate corrispondono ad un punto, più o meno al centro della zona in ombra di un planetoide che, dopo averlo analizzato, si rivela piuttosto piccolo, nascosto, con un orbita molto vicina alla stella e con un periodo di rivoluzione molto lungo.
Avvicinandoci ancora di più vediamo una costruzione che mi riempie il cuore di gioia: una stazione spaziale, un astroporto; modesto e montato su una piattaforma mobile che lo mantiene sempre nella zona in ombra del pianeta. Finalmente un hangar in cui atterrare.
Ci danno il permesso di atterrare e, quando sbarchiamo, ci attendono alcuni umani e droidi. Keki non scende, l'odio che prova verso quei droidi da combattimento potrebbe scatenare un putiferio. Sbarchiamo io e Zahir e mentre alcuni droidi si occupano di rifornire la nave noi ci presentiamo a quello che, immediatamente, Zahir riconosce come lo Jedi che stavamo cercando: Jurga Foren.
Mi presento come Sam Arkaanda e sembra che questo posto sia opera sua, lui ne è il capo; non ha notizie recenti della guerra e non vuole avere contatti con il mondo esterno ma si dimostra affabile ed accogliente, decisamente più simpatico di quell'enigmatico Jonash.
Possiamo muoverci liberamente per la stazione, grazie ai pass che ci fornisce, solo però dopo aver completato un trattamento di decontaminazione che richiede circa 8 ore.
Mi reco nella stanza decontaminante e riesco a malapena a sonnecchiare ma è come se dai miei pensieri si levasse una nebbia; una coltre filata da Jonash e intessuta da Zahir per trascinarmi qui, probabilmente a sconvolgere, se non distruggere, la vita di quest'uomo che tanto gentile e tant'onesto pare.
E Keki, quel peloso ammasso di muscoli: un rissoso bulletto che però finisce sempre a prenderle, forse è il momento di separarsi, anche da Nik, sì anche da Nik. Non ho bisogno di loro. Non ho bisogno di nessuno.
Uscito dalla stanza di decontaminazione mi dirigo immediatamente all'alloggio che mi è stato assegnato, mi siedo al terminale e comincio a digitare.
Ho bisogno di sentirmi un pò a casa.
La notte passa tranquilla.
Il morale è così buono che con una pseudo-cerimonia diamo un nome alla nostra nave: Rust Storm, tempesta di ruggine. Efficace e gradevole al tempo stesso, poi decidiamo di cercare il guscio con i sensori della nave e cominciamo a sorvolare la foresta; purtoppo la particolare struttura vegetale di questa uni- foresta disturba molto i nostri sensori e non riusciamo a localizzarla con precisione. Bisogna calarsi.
Con la nave a poca distanza dalla cima degli alberi Keki, Zahir e Nik si calano, non senza disinvoltura e, per fortuna, il rumore della nave deve aver spaventato quelle bestie perché loro si accorgono ben presto di trovarsi in mezzo ad una specie di villaggio di queste creature, rozzi ripari realizzati tra i tronchi della foresta.
Per tener lontane le bestie salgo in torretta e sparo qualche colpo verso l'orizzonte, registro il rumore degli spari e lo ritrasmetto in loop, a tutto volume, all'esterno della nave. Forse infastidirò un pò i miei amici ma dovrebbe tener lontano ogni altra creatura.
Ci vogliono quasi due ore per trovare il guscio, smontare i motivatori e ritornare su ma stavolta tutto si svolge senza incidenti. Una volta a bordo Keki prende i motivatori ed inizia a trafficare sull'iperguida, ignorando completamente Bob che, nel frattempo aveva ricostruito non so bene che circuito.
Dove andare una volta pronti? Zahir è stata cristallina: bisogna concludere la missione affidatale da Jonash. Come ? non lo sa neanche lei, almeno così dice; si affida alla forza....mah...
Ricapitolando: mi stavo godendo i frutti delle mie doti di slicer su una stazione che, all'improvviso è stata attaccata da un incrociatore droide. La guerra dei cloni è arrivata fino a me. Cerco di scapparmene in un posto tranquillo per ricominciare e mi ritrovo in una storia pazzesca di mappe scomparse, di jedi nascosti, di imperi non meglio definiti e varie altre stramberie. Ho però incontrato delle persone particolari, speciali...non voglio né tradirle né abbandonarle però....devo capire bene i termini di questa missione; sono un giovane promettente ma senza nessuna intenzione di fare l'eroe; anzi ho già fatto una grossa sciocchezza ad inseguire il gundark; devo stare attento alla pelle, innanzitutto.
Un grido di Keki mi distoglie dai miei pensieri. Ho finito. Funziona.
In breve siamo tutti e quattro in cabina per decidere dove andare; la proposta mia e di Keki è di raggiungere un pianeta civilizzato con astro-cantieri dove rimettere a nuovo la nave per proseguire la missione, ma Zahir sa parlare al nostro cuore e risveglia in noi un senso di necessità e di urgenza che soffoca le nostre ragioni come d'incanto.
Si va verso la seconda destinazione indicataci da Jonash: il sistema Reikeeth.
Quando ho sentito tutta questa storia per la prima volta ho reagito dicendo che io non sono né un assassino né un folle e che non ho nessuna intenzione di dare la caccia a dei Jedi. Poi Zahir mi ha convinto che nemmeno lei vuole uccidere nessuno; che la forza ci guiderà per vie che a noi sembreranno misteriose; che siamo importanti per questo compito.
E in effetti il primo Jedi era già belle che stecchito di suo, portando con se ogni segreto lui conoscesse.
Usciamo dall'iperspazio per scoprire che, ancora una volta, le informazioni che avevamo sul sistema erano di molto sbagliate. Al centro del sistema una stella binaria che emette fortissime radiazioni rendendo sicuramente inospitali i numerosi pianeti, lune e asteroidi che affollano il sistema.
I sensori non rilevano nulla di insolito, nessuna traccia di civiltà; ma il sistema è grande e perciò cominciamo ad esplorarlo, cercando una traccia, una sola piccola traccia che ci porti al Jedi che cerchiamo.
Anche perché Keki ci ha appena informato che i "pensieri" di Jonash non sono finiti: pare che non riusciremo a riattivare l'iperguida senza qualcosa che, ci scommetto, non può che essere la spada laser del Jedi, come nel pianeta precedente. Evidentemente la sostituizione dei motivatori non è stata sufficiente a liberarci del suo sgradevole influsso.
Il sistema è grande e pieno di corpi celesti; la ricerca potrebbe essere lunga.
Sto quasi per mettermi a dormire una seconda volta quando Zahir riceve una comunicazione: è un segnale in chiaro, linguaggio standard delle comunicazioni militari della repubblica; sta trasmettendo alcune coordinate che coincidono con un punto della superficie di un piccolo planetoide con un orbita pericolosamente vicina alla stella binaria.
Incuriosito lascio la guida a Keki e vado alle comunicazioni e, dopo aver smanettato per un pò, riesco ad individuare anche una trasmissione, nascosta su frequenze multiple e variabili così da sembrare solo disturbi, sicuramente criptata. Mi ci metto sotto ma capisco che ci vorrebbero ore e ore, così mi concentro ad individuarne la sorgente: un droide sonda, seminascosto da asteroidi e che ha sicuramente segnalato la nostra presenza.
Non so se essere sollevato per la presenza di tecnologia funzionante o preoccupato per esserci fatti scoprire così facilmente.
Ci avviciniamo al punto segnalatoci, sfruttando la copertura di altri corpi celesti per limitare l'esposizione alle radiazioni della stella e ci accorgiamo che le coordinate corrispondono ad un punto, più o meno al centro della zona in ombra di un planetoide che, dopo averlo analizzato, si rivela piuttosto piccolo, nascosto, con un orbita molto vicina alla stella e con un periodo di rivoluzione molto lungo.
Avvicinandoci ancora di più vediamo una costruzione che mi riempie il cuore di gioia: una stazione spaziale, un astroporto; modesto e montato su una piattaforma mobile che lo mantiene sempre nella zona in ombra del pianeta. Finalmente un hangar in cui atterrare.
Ci danno il permesso di atterrare e, quando sbarchiamo, ci attendono alcuni umani e droidi. Keki non scende, l'odio che prova verso quei droidi da combattimento potrebbe scatenare un putiferio. Sbarchiamo io e Zahir e mentre alcuni droidi si occupano di rifornire la nave noi ci presentiamo a quello che, immediatamente, Zahir riconosce come lo Jedi che stavamo cercando: Jurga Foren.
Mi presento come Sam Arkaanda e sembra che questo posto sia opera sua, lui ne è il capo; non ha notizie recenti della guerra e non vuole avere contatti con il mondo esterno ma si dimostra affabile ed accogliente, decisamente più simpatico di quell'enigmatico Jonash.
Possiamo muoverci liberamente per la stazione, grazie ai pass che ci fornisce, solo però dopo aver completato un trattamento di decontaminazione che richiede circa 8 ore.
Mi reco nella stanza decontaminante e riesco a malapena a sonnecchiare ma è come se dai miei pensieri si levasse una nebbia; una coltre filata da Jonash e intessuta da Zahir per trascinarmi qui, probabilmente a sconvolgere, se non distruggere, la vita di quest'uomo che tanto gentile e tant'onesto pare.
E Keki, quel peloso ammasso di muscoli: un rissoso bulletto che però finisce sempre a prenderle, forse è il momento di separarsi, anche da Nik, sì anche da Nik. Non ho bisogno di loro. Non ho bisogno di nessuno.
Uscito dalla stanza di decontaminazione mi dirigo immediatamente all'alloggio che mi è stato assegnato, mi siedo al terminale e comincio a digitare.
Ho bisogno di sentirmi un pò a casa.
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