mercoledì 23 novembre 2011

Capitolo 10

Usciamo dall'iperspazio in un sistema con un solo sole ed un unico pianeta e, dannazione, nessuna traccia tecnologica.
Metto la nave in orbita planetaria e per ore io e Zahir lavoriamo a sensori e comunicazioni.
Il pianeta è ricco d'acqua, con un atmosfera simile a quella terrestre, rileviamo molta vita animale e vegetale ma nessuna traccia di insediamenti né navi in orbita né comunicazioni; un solo, debole, segnale passivo rilevato ma nessuna indicazione a riguardo.
Quando keki viene a riferirci sullo stato della nave il mio morale scende sotto le scarpe e sento una vena di rabbia montare dentro di me.
Sembra che una maledizione mi abbia intrappolato: cercavo solamente un pianeta tranquillo dove poter campare, come ho sempre fatto, invece mi ritrovo proiettato in fughe rocambolesche che però non mi portano mai dove vorrei andare.
Per quanto mi sforzi sembra che io vada dove qualcuno ha deciso di trascinarmi e, in questo momento, comincio a temere Zahir e il mistero che la circonda; lei è l'unica che sembra trovarsi a suo agio, a vederci sempre una speranza di qualcosa di più grande....
la forza ? cos'è veramente questa forza ? un energia misteriosa o la voce di un essere superiore ?
E se Zahir......
ma no! cosa vado a pensare ?
torniamo alle cose concrete:
- l'iperguida deve essere sostituita, come temevo, i miei calcoli non erano perfetti e siamo passati troppo vicini ad un ammasso stellare che ci ha ionizzato e sovraccaricato i sistemi di iperguida.
- ci sono alcuni danni alle strutture esterne ma tutti i sistemi sono operativi.
-sembra che Bob sia in grado di costruire un iperguida se solo avesse componenti sufficienti.
Quest'ultima notizia mi apre un barlume di speranza: magari smontando uno o due dei nostri sistemi riusciamo a fare un salto iperspaziale;
ignoro il brivido lungo la schiena quando balena alla mia mente il pensiero "si, ma dove?" e scaccio le immagini di pianeti aridi e sperduti che seguono questo pensiero.
Entriamo in orbita.
La rotazione dura 20 ore standard, le terre emerse, continenti e isole, sono ricoperte da una ricca vegetazione, c'è abbondanza di acqua e l'atmosfera è tollerabile; ci sono evidenti tracce di vita animale sia negli oceani che sulla terraferma ma da alcune tracce geologiche e dall'orbita del pianeta deduciamo che l'inverno qui deve essere molto molto freddo.
Circumnavighiamo il pianeta alla ricerca di tracce di vita umana; se Jonash non ci ha fatto un altro bidone, almeno una persona qui dovrebbe esserci.
E in effetti qualcosa troviamo: una traccia di struttura metallica semisepolta da una collinetta di detriti e vegetazione  e, non troppo distante, una radura in cui si trova un rifugio, forse di tipo militare, di quelli in dotazione alla repubblica.
Apro diversi canali di comunicazione senza ottenere alcuna risposta e anche sorvolando a bassa quota la radura non scorgiamo nessuna traccia dello Jedi.
Mi accorgo che siamo tutti comunque tesi quando si tratta di decidere dove atterrare; nessuno vuole prendersi la responsabilità anche perché, con molta solennità, Zahir ci aveva annunciato che percepiva un grosso pericolo dalle parti della radura.
Di nuovo la rabbia e la paura insieme: ma io perché diamine sto andando a dar fastidio a uno Jedi ? pericoloso per giunta ?
Il problema di atterrare, in mezzo a una vasta e folta foresta, con alberi alti decine di metri mi riporta alle necessità contingenti; a colpi di turbolaser Nik libera una zona grande abbastanza per atterrarci badando bene a non lasciare tronchi abbastanza grandi da disturbare, poi, in coppia con Keki, si calano giù a pochi metri dal suolo e mi guidano per un atterraggio perfetto.
Una volta al suolo analizziamo la vegetazione; è molto strana: sembra che ogni albero sia specializzato nel estrarre e conservare una sostanza specifica, anzi, sembra che gli alberi siano in realtà un unico albero, con un unico apparato radicale.
Quando apprendo questo mi torna in mente lo sguardo mesto di Keki durante il disboscamento di Nik; aveva ragione lui a scusarsi; un unica, grande e antica creatura. Merita rispetto.
Rifletto su questo tema mentre mi gusto della carne fresca, da poco cacciata e ottimamente cucinata da Keki, poi ci riposiamo prima di affrontare una nuova giornata. Dove andiamo ? Collinetta o rifugio ?
Seguendo, quasi con sollievo, i suggerimenti di Zahir ci dirigiamo verso il rifugio, un paio di km. in quella direzione con la solita, spontanea formazione di marcia.
Ci muoviamo cauti, i sensi all'erta; ciò nonostante, a circa metà strada, un grosso bestione, evidentemente affamato, piomba giu da un albero proprio davanti a Keki che, senza quasi darci il tempo di reagire, sperimenta l'enorme forza e pericolosità del Gundark.



Mentre io lo aggiro, nascondendomi, per prenderlo alle spalle, il bestio ha già steso Keki e, probabilmente se ne sarebbe già andato con la sua cena se Nik non gli si fosse parato in mezzo.
Riesco ad avvicinarmi senza farmi vedere e gli piazzo un bel colpo alle spalle ma la bestia, già ferita dagli altri, blocca Nik sotto una spalla e inizia a scappare via.
Sento scorrere il sangue nella testa, le tempie mi pulsano, inizio a seguirla  sparandogli, ignorando Nik che riesce a liberarsi dalla sua stretta e ignorando la possibilità che si fermi e si liberi del moscerino alle sue spalle: una sua manata mi tramortirebbe in un solo colpo.
Che stupido sono stato; stava scappando, ho rischiato la mia vita inutilmente. Ripeto a me stesso questi pensieri razionali due o tre volte per tacitare lo strano appagamento che sentivo a livello dello stomaco.
Questo episodio ci rende comunque più veloci; due di queste bestie e saremmo presto concime per piante. Arriviamo alla radura e con cautela ci avvicinimo al rifugio.
sembra disabitato.
Zahir sente pericolo.
ssshhhhh...................
Io e Keki stiamo per entrare quando sentiamo le grida di Nik e Zahir, dall'altro lato della costruzione; Keki accorre e io lo seguo: un sarlacc, nascostro da un tappeto di foglie, ha tana propio di fianco alla baracca e i suoi tentacoli hanno avvinghiato i nostri amici.



A colpi di blaster li aiutiamo a liberarsi poi decido di lanciargli un detonatore termico; il botto è spettacolare ma ancora una volta Keki ha ragione: non solo non era necessario, visto che fuori portata dei tentacoli, non c'è pericolo, ma quel botto gli avrà fatto un graffio e quindi ho sprecato l'unico detonatore termico che possedevamo.
Non devo farmi travolgere dall'entusiasmo del combattimento: è un pessimo consigliere. Distacco, lucidità. Non fare sciocchezze inutili se vuoi restare vivo.

Entriamo nel rifugio; il senso di abbandono è evidente e, quando apriamo il comparto dei letti, la puzza ci fa capire che il suo abitante è morto da parecchio. C'è anche una postazione tecnologica con un rudimentale sensore ed apparati ancora debomente alimentati dai generatori di potenza oramai esausti.
Mi ci precipito e analizzando i dati sembra che sia arrivato qua un paio di anni or sono, con un guscio di salvataggio, poi abbandonato (probabilmente la collinetta poco distante in cui abbiamo rilevato qualcosa), si è stabilito qui per godere della protezione del sarlacc contro le bestie del posto. Le registrazioni terminano dopo pochi mesi, probabilmente non è sopravvissuto al primo inverno malgrado la sua dotazione.
Rimettiamo quanto ci può essere ancora utile nei contenitori originali e decidiamo di tornare alla nave. Ora sono molto più ottimista: forse il guscio ha un ipergiuda funzionante e forse potremmo andarcene con solo pochi giorni di lavoro. Questo sì che è un bel pensiero.

Nessun commento:

Posta un commento